A 80 anni dall’assassinio di Trotsky

Ad agosto, mentre i nostalgici dello stalinismo difendevano Lukashenko accusando i lavoratori bielorussi di essere ‘manovrati’ dall’Occidente, un anniversario riportava alle radici dello scontro tra chi continua a vedere nell’URSS (o nelle odierne Cina e Corea del nord) la realizzazione del socialismo di Marx e chi invece una sua caricatura burocratica. Anche Repubblica190820 e IlPost210820 hanno ricordato Lev Trotsky. Piero Acquilino ne riassume la vita a 80 anni dall’assassinio.
PIERO ACQUILINO, 20 agosto 2020
Il 20 agosto di ottant’anni or sono un sicario stalinista, introdottosi con l’inganno nella sua casa di Coyoacan in Messico, colpiva mortalmente alla testa con una piccozza da alpinista Lev Trotsky, che morirà il giorno successivo. Mentre il mondo stava precipitando nell’abisso della seconda guerra mondiale, si concludeva così in modo tragico la vita di uno dei più grandi rivoluzionari del XX secolo, artefice con Lenin della rivoluzione d’ottobre e tenace oppositore di Stalin.
Il suo assassinio non era inatteso: il 24 maggio precedente c’era già stato un tentativo di uccisione da parte di un gruppo di stalinisti armati, guidati dal celebre pittore D.A. Siqueiros, che non era riuscito nello scopo solo per alcune fortunate circostanze. Dopo aver sterminato la vecchia guardia bolscevica, Stalin saldava i conti con quello che considerava il suo più acerrimo nemico, non prima di averlo esiliato e perseguitato, arrivando a uccidergli gran parte della famiglia.
Nato nel 1879 a Jánovka, nell’attuale Ucraina, da una famiglia di agiati contadini ebrei, Lev Davidovič Bronštéin, che in seguito adotterà lo pseudonimo di Trotsky, inizia l’attività politica nel 1896, dapprima su posizioni populiste, per passare al marxismo sotto l’influenza della sua futura prima moglie Aleksándra L’vóvna Sokolóvskaja. Arrestato ed esiliato in Siberia, entra nelle fila del Partito Operaio Socialdemocratico Russo (POSDR) e riesce a fuggire in Occidente, per rientrare in Russia nel corso della rivoluzione del 1905, nella quale gioca un ruolo di primo piano nel soviet di Pietroburgo. Dopo un secondo esilio siberiano, ripara nuovamente all’estero, dove conosce Natál’ja Ivánovna Sedóva, che sarà la sua compagna per il resto della vita, impegnandosi nella battaglia politica: prima nell’Iskra di Lenin, poi alleato dei menscevichi nella loro battaglia contro i bolscevichi, infine su una posizione autonoma, fautore di diversi tentativi infruttuosi di conciliazione tra le due frazioni. Sulla base dell’esperienza del 1905 elabora, insieme a un altro socialdemocratico russo, Izraíl’ Lázarevič Gél’fand ‘Parvus’, la teoria della ‘rivoluzione permanente’, che affronta i problemi dello sviluppo dei processi rivoluzionari nei paesi arretrati. Nell’esilio svolge anche un’intensa attività giornalistica, seguendo sul posto, come inviato della Kíevskaja Mysl’ (Il Pensiero di Kiev) le guerre balcaniche del 1912–1913. Durante il primo conflitto mondiale è parte attiva del piccolo gruppo di socialisti internazionalisti che combatte la guerra organizzando le conferenze di Zimmerwald e Kienthal in opposizione allo sciovinismo dei grandi partiti socialisti europei, schierati ciascuno con la propria borghesie nazionale. Lo scoppio della rivoluzione russa del febbraio 1917 lo sorprende negli Stati Uniti e riesce a raggiungere Pietrogrado, attraverso il Canada, solo agli inizi di maggio. D’accordo con le ‘tesi d’aprile’ — le direttive politiche dettate da Lenin al suo rientro in Russia dall’esilio svizzero — entra a far parte del partito bolscevico seguito dai militanti della sua organizzazione ‘interdistrettuale’ (Mežrajónka). Membro del comitato centrale del partito bolscevico e principale organizzatore dell’insurrezione dell’ottobre, nel nuovo governo ricopre incarichi decisivi: commissario agli esteri durante le difficilissime trattative per la pace con gli imperi centrali, commissario alla guerra e organizzatore dell’Armata Rossa nel corso della lunga e sanguinosa guerra civile, commissario ai trasporti nel corso della riorganizzazione produttiva postbellica. Questi impegni non gli impediscono di giocare un ruolo centrale anche nel processo di costruzione dell’Internazionale Comunista, a partire dal suo I Congresso del marzo 1919, dove è l’estensore del manifesto finale e dove entra a far parte del Comitato Esecutivo. La sconfitta della rivoluzione mondiale, l’isolamento dell’URSS, duramente provata dalla guerra civile e la morte di Lenin, favoriscono l’ascesa di Stalin, che diviene l’espressione dei settori burocratici degli apparati politici e statali a scapito degli operai e dei contadini, protagonisti dell’ondata rivoluzionaria degli anni ’10-’20 ma progressivamente espropriati di qualunque potere politico. Ha inizio così una durissima lotta interna al partito, che lo vede affrontare i problemi della difficile situazione in URSS, sempre al centro degli attacchi di Stalin e dei suoi alleati del momento. Una lotta che Lenin, già malato, nel 1922 aveva previsto in una lettera, nota anche come il suo Testamento, letta ai delegati del congresso del partito, ma resa pubblica solo tre anni dopo la morte di Stalin:
‘Il compagno Stalin, divenuto segretario generale, ha concentrato nelle sue mani un immenso potere e io non sono sicuro che egli sappia servirsene sempre con sufficiente prudenza. D’altro canto, il compagno Trotsky come ha già dimostrato la sua lotta contro il CC nella questione del commissariato del popolo per i trasporti, si distingue non solo per le sue eminenti capacità. Personalmente egli è forse il più capace tra i membri dell’attuale CC, ma ha anche una eccessiva sicurezza di sé e una tendenza eccessiva a considerare il lato puramente amministrativo dei problemi.
Queste due qualità dei due capi più eminenti dell’attuale CC possono eventualmente portare alla scissione, e se il nostro partito non prenderà misure per impedirlo, la scissione può avvenire improvvisamente’.
Allontanato prima dagli incarichi politici, poi dal partito stesso, confinato con la famiglia ad Alma-Ata in Kazakistan e infine espulso dall’URSS verso la Turchia nel febbraio 1929. Inizia così l’ultimo suo definitivo esilio, che lo vedrà impegnato per undici anni in una lotta contro venti e maree per l’affermazione dell’internazionalismo proletario, contro la controrivoluzione staliniana e contro le forze del capitalismo internazionale impegnate ad accumulare le forze per un nuovo e ancora più sanguinoso conflitto. Sempre incalzato dai servizi segreti staliniani e dalle polizie degli Stati che, di volta in volta, gli concedevano un asilo tanto temporaneo quanto malvoluto, e alla testa di poche migliaia di seguaci, in maggioranza giovani e inesperti, mentre la vecchia guardia bolscevica sarà sterminata dopo processi farsa o semplicemente senza alcun processo nelle segrete della NKVD o nei gulag siberiani. Nonostante ciò la sua battaglia politica continua a tutto campo, contro il nuovo corso intrapreso dall’URSS di Stalin e contro i disastri causati dalla politica che quest’ultimo ha imposto all’Internazionale comunista. La presa del potere da parte di Hitler in Germania, con il massacro di un’intera generazione di militanti operai, mentre i partiti di comunisti di tutto il mondo sostengono la scellerata politica del ‘socialfascismo’, che equipara socialdemocrazia e nazismo, è la prova decisiva che l’Internazionale Comunista non è riformabile e che occorre lavorare alla costruzione di una nuova Internazionale. Dopo anni di discussione, nel settembre 1938 a Perigny, nei dintorni di Parigi, ha luogo la conferenza di fondazione della IV Internazionale, che adotta il programma da lui redatto, ma alla quale, esiliato in Messico, non può partecipare: i militanti della nuova organizzazione sono pochi e isolati, costretti alla clandestinità in molti paesi dell’Europa occidentale, perseguitati come comunisti nelle democrazie borghesi rimaste, sterminati in URSS mentre i militanti stalinisti di tutto il mondo li etichettano come alleati dei fascisti. E alla guerra manca esattamente solo un anno.
Il suo assassinio, preceduto da quello di quasi tutta la sua famiglia, avviene proprio nei giorni in cui il mondo sta precipitando in uno spaventoso conflitto che lui, con straordinaria lucidità politica, aveva previsto da molto tempo. Uccidendolo, Stalin ammette implicitamente che quest’uomo, pur quasi isolato in un paese lontano e a capo di forze sparute, rappresenta per il suo regime oppressivo un pericolo e un’alternativa.
La sua immensa attività pubblicistica ha spaziato dai temi immediatamente politici alla saggistica storica alla critica nei campi della letteratura e dell’arte ed è oggi difficile pensare che qualcuno possa affrontare lo studio della rivoluzione d’ottobre prescindendo dalla sua Storia della rivoluzione russa, opera che, pur essendo scritta da un protagonista delle vicende narrate, è un capolavoro di rigore storico e di stile letterario.
Oggi a ottant’anni di distanza dalla morte e aldilà dei giudizi che si possono dare su questo o quell’aspetto delle sue scelte politiche e delle sue teorie, la vita e l’opera di Lev Trotsky rimangono un lascito imprescindibile per chiunque al mondo scenda sul terreno della lotta di classe dalla parte degli oppressi.
Poco prima di essere ucciso, cosciente della fine imminente, scrisse un testamento politico la cui parte finale riassume mirabilmente il senso della sua vita e della sua opera:
‘Per quarantatré anni della mia vita cosciente sono rimasto un rivoluzionario; per quarantadue ho lottato sotto la bandiera del marxismo. Se dovessi ricominciare tutto dapprincipio, cercherei naturalmente di evitare questo o quell’errore, ma il corso della mia vita resterebbe sostanzialmente immutato. Morirò da rivoluzionario proletario, da marxista, da materialista dialettico e quindi da ateo inconciliabile. La mia fede nell’avvenire comunista del genere umano non è meno ardente che nei giorni della mia giovinezza, anzi è ancora più salda.
Natascia si è appena avvicinata alla finestra che dà sul cortile e l’ha aperta in modo che l’aria entri più liberamente nella mia stanza. Posso vedere la lucida striscia verde dell’erba ai piedi del muro, e il limpido cielo azzurro al di sopra del muro, e sole dappertutto.
La vita è bella. Possano le generazioni future liberarla da ogni male, oppressione e violenza, e goderla in tutto il suo splendore’.